Il custode può accedere anche se l’esecutato è agli arresti domiciliari

IL PRINCIPIO DI DIRITTO

Per il Tribunale di Bari (17.02.2022) la misura cautelare degli arresti domiciliari non può essere invocata al fine di impedire l’accesso nell’immobile pignorato al Custode e ai potenziali offerenti in visita.

La decisione

Nell’ambito di un’esecuzione immobiliare, il custode nominato dal Tribunale di Bari aveva rinvenuto nell’immobile il figlio della esecutata, ivi domiciliato, sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari con correlato ordine di non allontanarsi dall’abitazione senza la preventiva autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria e di non avere contatti con persone diverse dai conviventi; tale misura risultava disposta in sostituzione della precedente e più afflittiva misura della custodia cautelare in carcere, per ritenuto affievolimento delle esigenze cautelari.

Alla luce di tale situazione, il Custode aveva rimesso gli atti al Giudice dell’esecuzione per i relativi provvedimenti, non ritenendo allo stato possibile l’accesso all’immobile per le visite, nonché in vista dell’eventuale futura liberazione dello stesso.

Il Giudice dell’esecuzione rilevava che la salvaguardia dell’efficienza del sistema delle vendite giudiziarie è tutt’altro che secondaria rispetto alle individuali esigenze di cautela penale; sotto il profilo sistematico, sarebbe quantomeno irragionevole che l’ordinamento consentisse la liberazione dell’immobile anche in presenza di esecutati invalidi o con figli minori e, di contro, ammettesse la mancata attuazione di provvedimenti giurisdizionali emanati dal G.E. (con di dignità pari all’ordinanza del giudice penale) nel caso in cui il debitore o un familiare si trovi in detenzione cautelare al domicilio. Peraltro, una difforme esegesi presterebbe il fianco a non inverosimili strumentalizzazioni.

L’art. 284, co. 2, c.p.p. (“Quando è necessario, il giudice impone limiti o divieti alla facoltà dell’imputato di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono”) introduce una prescrizione limitativa della libertà dell’indagato, non di terzi, in quanto tale inidonea a impedire l’esercizio dei diritti altrui; nella specie, la previsione non può impedire l’esercizio di funzioni pubblicistiche imposte dalla legge per ragioni di giustizia e dunque l’accesso del Custode e dei potenziali offerenti in visita.

Né si può ritenere che l’indagato, nel momento in cui l’Ausiliario esegua l’accesso (anche unitamente agli offerenti), violi la misura: egli, infatti, in quel momento non viola un eventuale divieto di comunicare, ma ne “subisce” semplicemente la visita.

Inoltre, secondo il Giudice dell’esecuzione l’applicazione degli arresti domiciliari in luogo della custodia in carcere non costituisce affatto un diritto del detenuto, ma presuppone, tra l’altro, la concreta eseguibilità della misura. Ai sensi degli artt. 275 e 284 c.p.p., per la concessione della misura occorre previamente accertare l’esistenza di una abitazione o di altro luogo di privata dimora, nonché la sua fruibilità da parte dell’indagato: in difetto di tali requisiti, profilandosi se del caso il consequenziale aggravamento della misura e l’applicazione della custodia cautelare in carcere. Talché, nella fattispecie potrebbe finanche sostenersi che già il solo fatto che l’immobile sia stato pignorato e posto in vendita rappresenti motivo di inidoneità del luogo, soprattutto in considerazione dell’imminenza dell’asta, della necessità di assicurare il diritto di visita ai potenziali offerenti e del rischio allo stato di inappetibilità del plesso.

Sulla base di tali considerazioni il Giudice dell’esecuzione dava atto come il custode fosse autorizzato ad accedere all’immobile senza limitazioni, al fine di adempiere all’incarico conferitogli, onerando il medesimo custode di comunicare il provvedimento all’Autorità giudiziaria penale anche per le correlate valutazioni di modifica della misura cautelare.