E’ possibile impugnare l’invito al pagamento del contributo unificato

IL PRINCIPIO DI DIRITTO

Per la Corte di Cassazione (sent. n. 23532/2020) l’invito al pagamento del contributo unificato versato in misura insufficiente è un atto autonomamente impugnabile ex art. 19 D.Lgs. n. 546/1992 contenendo una definita pretesa tributaria.

La decisione

Un contribuente impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale un invito di pagamento di per il recupero del contributo unificato versato in misura insufficiente lamentandone la illegittimità. L’ufficio di segreteria eccepiva l’inammissibilità del ricorso ritenendo l’invito non autonomamente impugnabile, non essendo lo stesso ricompreso tra gli atti indicati al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19.

La controversia giungeva davanti alla Corte di cassazione la quale chiariva che l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l’Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche, essendo possibile un’interpretazione estensiva delle disposizioni in materia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.) ed in considerazione dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato con la L. n. 448 del 2001 (Ord. n. 23469 del 06/10/2017).

In quest’ottica, secondo il Giudice di Legittimità sono impugnabili tutti quegli atti con cui l’Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita, ancorché tale comunicazione non si concluda con una formale intimazione di pagamento sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell’attività esecutiva, bensì con un invito bonario a versare quanto dovuto. Non assume alcun rilievo la mancanza della formale dizione “avviso di liquidazione” o “avviso di pagamento” o la mancata indicazione del termine o della forma da osservare per l’impugnazione o della commissione tributaria competente.

In capo al contribuente destinatario sorge, infatti, già al momento della ricezione della notizia, l’interesse, ex art. 100 c.p.c., a chiarire, con pronuncia idonea ad acquisire effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e, quindi, ad invocare una tutela giurisdizionale, comunque, di controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva e/o dei connessi accessori vantati dall’ente pubblico (sent. n. 21045 del 08/10/2007).

D’altra parte, è questa la ragione per la quale si ritiene che il ricorso avverso una cartella esattoriale con cui l’Amministrazione chieda il pagamento del contributo unificato per atti giudiziari vada presentato al giudice tributario, avendo tale contributo natura di entrata tributaria (Sez. U, Sentenza n. 9840 del 05/05/2011).

La mancata impugnazione dell’invito, se accompagnato dall’omesso pagamento di quanto intimato, comporterebbe l’automatica irrogazione, oltre che degli interessi, della sanzione aggiuntiva del 30%. Da ciò deriva sia la natura compiuta e definita della pretesa tributaria sia il concreto interesse, in capo al contribuente, ad impugnare il relativo atto.